[avv. Leda Adamo (LE)]
Il termine "consenso informato" non si rinviene nei
codici penali e civili, ma è stato importato dagli Stati Uniti
dove la dizione "informed consent" viene usata la
prima volta in un processo celebrato nel 1957 in California.
Con tale dizione si è voluto affermare il principio dell'autonomia
decisionale del paziente contro la consolidata tendenza dei
sanitari ad assumersi la completa responsabilità nel decidere
quale trattamento il paziente debba seguire.
Il termine inglese"inform and consent", informazione
e consenso, è certamente meno equivoco rispetto alla nostra
espressione consenso informato, poichè sottolinea come, senza
una corretta informazione che preceda il trattamento medico,
non possa manifestarsi vero consenso. Per questo motivo si può
affermare che l'informazione è essa stessa una prestazione sanitaria
alla stregua dell'intervento diagnostico terapeutico propriamente
inteso.
Quindi, nella struttura standard del consenso informato il ruolo
del sanitario è quello di spiegare al paziente la sua condizione
clinica e le varie possibilità di diagnosi o di terapia per
consentirgli di valutare l'informazione ricevuta e, quindi,
di scegliere l'iter terapeutico che ritiene adatto ed accettabile.
Occorre evidenziare che, al primo approccio, nè il malato nè
il medico sanno con precisione di quale male si tratti e quali
siano i rimedi adatti: pertanto l'incarico che il medico accetta
ha un carattere vago, tanto è vero che la sua prima attività
sarà quella di reperire tutti i sintomi necessari per poter
formulare una diagnosi.
È quindi chiaro che la manifestazione di volontà, inizialmente
data dalle parti, è circoscritta dalla limitata conoscibilità
dell'oggetto del contratto e cioè delle prestazioni professionali
che si pongono in funzione della diagnosi. In effetti, se per
quanto riguarda l'impiego di mezzi di cura praticamente esenti
da pericoli e sufficientemente noti, il consenso generico si
può considerare implicito nella richiesta di prestazioni mediche
normali, via via che si accentua il rischio, il consenso dell'avente
diritto deve avere carattere sempre più specifico, ogni volta
che i trattamenti chirurgici o terapeutici comportino o possano
comportare menomazioni più o meno sensibili dell'integrità psicofisica
del paziente.
Ne consegue che il consenso, pure nei casi dove è presente
un contratto di cura, è un atto, che si rinnova costantemente
e che interviene in ciascuna fase del trattamento terapeutico
non essendo sufficiente un consenso prestato una tantum dal
paziente.
Nel corso del tempo la giurisprudenza ha potuto enucleare una
serie di requisiti essenziali per una informazione corretta.
Tali requisiti sono stati individuati esaustivamente dalla
Suprema Corte nella sentenza 15.1.97 n. 364 e sono:
• le informazioni che devono precedere il consenso non possono
che provenire dallo stesso sanitario cui è richiesta la prestazione;
• il dovere di informazione concerne la portata dell'intervento;
• le inevitabili difficoltà, gli effetti conseguibili e gli
eventuali rischi prevedibili e non gli esiti anomali al limite
del fortuito;
• rischi specifici rispetto a determinate scelte alternative
così da concedere al paziente la possibilità di scegliere tra
diversi tipi di intervento.
Nella stessa sentenza si ribadisce l'importanza di rendere edotto
il paziente non in modo generico ma specifico a seconda del
particolare trattamento a cui si sottopone.
Dall'inadempimento dell'informazione, deriva la responsabilità
per il danno alla salute che il paziente lamenta anche se l'intervento
è stato eseguito in maniera corretta, fatto sempre salvo il
nesso causale.
L'onere di dimostrare di aver informato esaustivamente il paziente
ricade sul medico (Cass. n. 7027/2001).
Il medico può dimostrare l'avvenuta informazione presentando
il modulo del consenso informato debitamente sottoscritto dal
paziente. Affinchè possa svolgere pienamente la sua funzione,
il documento in oggetto deve presentarsi sotto un duplice aspetto:
come una dichiarazione dell'informazione (anche verbale) ricevuta
e come consenso alla specifica prestazione sanitaria prevista.
Il documento, sottoscritto sia dal paziente che dal medico,
deve riportare i principali dati relativi allo stato di salute
accertato mediante visita medica. Alla rappresentata situazione
obiettiva riscontrata nella visita, deve seguire la descrizione
dell'intervento medico ritenuto necessario con le eventuali
alternative e la spiegazione dei prevedibili rischi derivanti
dalla mancata effettuazione della prestazione.
La necessità di acquisire il consenso si fonda sugli articoli
della 13 e 32 della Costituzione e sull'articolo 33 della Legge
23 dicembre 1978, n. 833, nei quali viene chiarito che il diritto
del paziente di formulare un consenso informato all'intervento
"appartiene ai diritti inviolabili della persona, ed è espressione
del diritto all'autodeterminazione in ordine a tutte le sfere
ed ambiti in cui si svolge la personalità dell'uomo, fino a
comprendere anche la consapevole adesione al trattamento sanitario
(con legittima facoltà di rifiutare quegli interventi e cure
che addirittura possano salvare la vita del soggetto)".
Viene pure chiarito che "il consenso dev'essere frutto di un
rapporto reale e non solo apparente tra medico e paziente, in
cui il sanitario è tenuto a raccogliere un'adesione effettiva
e partecipata, non solo cartacea, all'intervento. Esso non è
dunque un atto puramente formale e burocratico ma è la condizione
imprescindibile per trasformare un atto normalmente illecito
(la violazione dell'integrità psicofisica) in un atto lecito,
fonte appunto di responsabilità".
In ultimo riportiamo di seguito gli articoli del codice di
deontologia medica sull'argomento di cui trattasi.
CODICE DI DEONTOLOGIA
MEDICA
TITOLO III - RAPPORTI CON IL CITTADINO
CAPO II - DOVERI DEL MEDICO E DIRITTI DEL CITTADINO
Art. 24 - Libera scelta del medico e del luogo di cura
La libera scelta del medico e del luogo di cura
costituisce principio fondamentale del rapporto
medico-paziente.
Nell'esercizio dell'attività libero professionale
svolta presso le strutture pubbliche e private, la
scelta del medico costituisce diritto fondamentale del
cittadino.
E', pertanto, vietato qualsiasi accordo tra medici
tendente a influire sul diritto del cittadino alla
libera scelta.
Il medico può consigliare, ma non pretendere, che il
cittadino si rivolga a determinati presidi, istituti o
luoghi di cura.
CAPO IV - INFORMAZIONE E CONSENSO
Art. 30 Informazione al cittadino
Il medico deve fornire al paziente la più idonea
informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle
prospettive e le eventuali alternative
diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili
conseguenze delle scelte operate; il medico
nell'informarlo dovrà tenere conto delle sue capacità
di comprensione, al fine di promuoverne la massima
adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche.
Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del
paziente deve essere soddisfatta.
Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di
informazione del cittadino in tema di prevenzione.
Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste
o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza
alla persona, devono essere fornite con prudenza,
usando terminologie non traumatizzanti e senza
escludere elementi di speranza.
La documentata volontà della persona assistita di non
essere informata o di delegare ad altro soggetto
l'informazione deve essere rispettata.
Art. 31 Informazione a terzi
L'informazione a terzi è ammessa solo con il consenso
esplicitamente espresso dal paziente, fatto salvo
quanto previsto all'art. 9 allorchè sia in grave
pericolo la salute o la vita di altri.
In caso di paziente ricoverato il medico deve
raccogliere gli eventuali nominativi delle persone
preliminarmente indicate dallo stesso a ricevere la
comunicazione dei dati sensibili.
Art. 32 Acquisizione del consenso
Il medico non deve intraprendere attività diagnostica
e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso
informato del paziente.
Il consenso, espresso in forma scritta nei casi
previsti dalla legge e nei casi in cui per la
particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o
terapeutiche o per le possibili conseguenze delle
stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una
manifestazione inequivoca della volontà della persona,
è integrativo e non sostitutivo del processo
informativo di cui all'art. 30.
Il procedimento diagnostico e/o il trattamento
terapeutico che possano comportare grave rischio per
l'incolumità della persona, devono essere intrapresi
solo in caso di estrema necessità e previa
informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far
seguito una opportuna documentazione del consenso.
In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di
persona capace di intendere e di volere, il medico
deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o
curativi, non essendo consentito alcun trattamento
medico contro la volontà della persona, ove non
ricorrano le condizioni di cui al successivo articolo
78.
Art. 33 Consenso del legale rappresentante
Allorchè si tratti di minore, interdetto o inabilitato
il consenso agli interventi diagnostici e terapeutici,
nonchè al trattamento dei dati sensibili, deve essere
espresso dal rappresentante legale.
In caso di opposizione da parte del rappresentante
legale al trattamento necessario e indifferibile a
favore di minori o di incapaci, il medico è tenuto a
informare l'autorità giudiziaria.
Art. 34 Autonomia del cittadino
Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità,
della libertà e dell'indipendenza professionale, alla
volontà di curarsi, liberamente espressa dalla
persona.
Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere
la propria volontà in caso di grave pericolo di vita,
non può non tenere conto di quanto precedentemente
manifestato dallo stesso.
Il medico ha l'obbligo di dare informazioni al minore
e di tenere conto della sua volontà, compatibilmente
con l'età e con la capacità di comprensione, fermo
restando il rispetto dei diritti del legale
rappresentante; analogamente deve comportarsi di
fronte a un maggiorenne infermo di mente.
Art. 35 Assistenza d'urgenza
Allorchè sussistano condizioni di urgenza e in caso di
pericolo per la vita di una persona, che non possa
esprimere, al momento, volontà contraria, il medico
deve prestare l'assistenza e le cure indispensabili.